La mala comunicazione è la peggiore malasanità

Il caso riguarda una signora di campagna, di quelle che alla veneranda età di quasi ottanta anni, va ancora a potare gli olivi, forte e tenace. Rallenta la sua attività solo quando arriva il mal di schiena.
Un dolore forte che non le permette nemmeno di riposare, questa volta è troppo forte e non passa, la signora si ricovera per accertamenti e cure.
La degenza si allunga, per fare tutti gli esami ci vuole tempo e la lista di attesa è lunga, così arriva una brutta infezione ospedaliera, il clostridium difficile. Nonostante le cure e le rassicurazioni, la signora non tornerà più a potare gli olivi, nè a dispensare amore e cure ai due figli e ai tre nipoti.
L’infezione con le sue conseguenze la porta via. I figli si chiedono se avrebbero potuto evitare la morte e le sofferenze alla madre, erano stati allertati dai comportamenti del personale, che spesso manifestavano attriti far di loro, dalle informazioni diverse ottenute dai diversi sanitari, attività più o meno attente ed evidenti nei turni diversi come se ci fossero sanitari più attenti e partecipi ed altri più svogliati.

Per la gestione del paziente ospedalizzato la comunicazione è l’elemento fondamentale da cui dipendono i tempi ed i modi in cui vengono applicate le prestazioni sanitarie e di conseguenza la vita del paziente.

Comunicazione fra

  • il turno che entra e quello che smonta
  • le consulenze specialistiche ed i medici del reparto
  • le prescrizioni dei medici e gli infermieri che devono somministrarle

comunicazione troppo spesso sacrificata perché ritenuta meno importante dell’operare sul paziente; ma il fare sul paziente, almeno il fare le cose giuste, dipende da come vengono passate e condivise le informazioni aggiornate!

Purtroppo l’evidenza era realtà.

L’esame delle cartelle cliniche evidenziò che l’infezione era di origine ospedaliera, dovuta anche al prolungarsi della degenza, ai ritardi dell’esecuzione degli esami per le lunghe liste di attesa, alla carenza di un numero adeguato di strumenti o alla carenza di personale, inoltre la cattiva comunicazione causò una inadeguata somministrazione della terapia che dette maggior forza all’infezione.

L’evidenza e la dimostrazione dell’errore in questo caso, non darà una nuova vita alla nostra assistita ma dovrebbe consentire all’azienda ospedaliera di porre attenzione e controlli ai protocolli terapeutici ed alla loro somministrazione per evitare o ridurre la possibilità di errori e salvare vite, a vantaggio di tutti i cittadini e della sanità.

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Scritto da

Franco Stefanini

Pubblicato il

23/02/2022

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